martedì 10 marzo 2015

It's just your attitude that matters...


mercoledì 27 novembre 2013

Il Giorno del ringraziamento negli USA, tutti a tavola!

Il Thanksgiving Day, uno dei pochi giorni all'anno in cui è possibile osservare l'americano seduto a tavola per più di cinque minuti. E finalmente cucina qualcosa di normale! Un bel tacchino al forno con patate e salse varie. Ah no, scusate...leggo sul web "Nelle zone dell'east coast è tradizione riempire il tacchino di ostriche". Ma che schifo! lol :D

Insomma durante il Giorno del ringraziamento, che cade il quarto giovedì di novembre di ogni anno, è tradizione fare il pranzo a casa con tutta la famiglia e cucinare uno dei 40 milioni di tacchini che non vedono l'ora di finire bruciati nel forno... 


In questa occasione andare al ristorante proprio non s'ha da fare, ma il tacchino è d'obbligo quindi qualcuno risolve così: chiama il ristorante, il quale cucina il tacchino e poi fa una bella home delivery (giuro, mi ha detto Pier che uno dei suoi capi ha fatto così...). Ma cosa ci vorrà mai per spingere un tacchino con due patate nel forno?! Aaaaah, Bastianich dai pensaci tu!

Leggi che ti leggi si scopre su wikipedia che il Giorno del ringraziamento ha a che fare con gli indiani: "I Padri Pellegrini, perseguitati in patria per le loro idee religiose piuttosto integraliste, decisero di abbandonare l'Inghilterra e andare nel Nuovo Mondo, l'attuale America del Nord. 102 pionieri (52 uomini, 18 donne e 32 bambini) imbarcati a bordo della Mayflower, arrivarono sulle coste americane nel 1621, dopo un duro viaggio attraverso l'Oceano Atlantico; durante il viaggio molti si ammalarono e tanti morirono. Quando arrivarono, l'inverno era ormai alle porte; si trovarono di fronte ad un territorio selvatico e inospitale, fino ad allora abitato solo da nativi americani. I Pellegrini avevano portato dall'Inghilterra dei semi di vari prodotti che si coltivavano in patria e li seminarono nella terra dei nuovi territori; vuoi per la natura del terreno, vuoi per il clima, la semina non produsse i frutti necessari al sostentamento della popolazione, per cui quasi la metà di loro non sopravvisse al rigido inverno. Questa situazione rischiava di riproporsi anche l'anno successivo se non fossero intervenuti i nativi americani (gli indiani) che indicarono ai nuovi arrivati quali prodotti coltivare e quali animali allevare, nella fattispecie il granturco ed i tacchini. Dopo il duro lavoro degli inizi, i Pellegrini indissero un giorno di ringraziamento a Dio per l'abbondanza ricevuta e per celebrare il successo del primo raccolto. I coloni invitarono alla festa anche gli indigeni, ai quali dovevano molto se la loro comunità aveva potuto superare le iniziali difficoltà di adattamento nei nuovi territori, gettando le basi per un futuro prospero e ricco di ambiziosi traguardi. Nel menù di quel primo Ringraziamento americano ci furono pietanze che divennero tradizione per le feste - in particolare il tacchino e la zucca - insieme ad altre carni bianche, carne di cervoostrichemolluschipescitorte di cerealifrutta secca e noccioline."

Oggi gli americani si riuniscono in questo giorno per ringraziare Dio, la vita, gli amici e la famiglia per ciò che hanno. Questo è proprio un bel motivo per festeggiare, forse faremmo bene a istituire anche noi una festa così... Bravi gli americani!


Fonti foto:
http://www.richardhowe.com/2012/11/22/test-your-knowledge-thanksgiving-day-quiz/
turkey
http://www.coolrunning.com/results/12/ma/Nov17_WCRCPr_set1.shtml

lunedì 25 novembre 2013

Approfondimento sui Visti USA per imprenditori

Riprendiamo a parlare di Visti (per conoscere tutti i tipi di visti leggi Come entrare negli Stati Uniti...e rimanerci, forse), questa volta focalizzandoci su quelli specifici per chi vuole entrare negli Stati Uniti per motivi di affari.
Per cominciare a farsi un'idea di come funziona il mercato statunitense, visitare luoghi, incontrare potenziali clienti, conoscere opportunità di investimento ecc. si può evitare di impelagarsi già nell'iter per la richiesta di un Visto e utilizzare l'ESTA, che ha una validità di 3 mesi, basta compilarlo online e spuntare "affari" come motivo per il soggiorno. 

Una volta deciso che si vuole aprire una propria attività negli Stati Uniti bisogna capire quale tipo di visto è il più adatto all'attività che si vuole svolgere, fare la richiesta e presentarsi al colloquio (Ta-na-Na-nA!) in consolato o in ambasciata, in Italia.

Piccola parentesi, per "allungare" l'ESTA per motivi di affari (quindi non per aprire la propria attività negli USA, ma solamente per continuare a svolgere le attività di ricerca e negoziazione sopra citate) c'è il Visto B1, che permette al richiedente di rimanere negli Stati Uniti fino ad un massimo di 6 mesi.

Visti di tipo E: ci siaaaamoooooo!!!!
I Visti di tipo E sono per chi vuole espandere la propria attività sul territorio americano mantenendo uffici o costituendo una società negli Stati Uniti. Permettono di lavorare e percepire una remunerazione e non hanno obbligo di rimpatrio.

E1: è concesso a coloro che stabiliscono commerci (in beni e/o servizi) frequenti, continui e sostanziali con gli Stati Uniti e il Paese di partenza (il quale deve essere compreso nella lista dei Paesi con cui gli USA hanno sottoscritto trattati commerciali o d'investimento. L'Italia, per grazia di Dio, è uno di questi...);
- l'attività deve dare risorse sufficienti per sostenere il commerciante e la sua famiglia;
- l'azienda deve già essere esistente al momento della richiesta di visto;
- bisogna pianificare di stabilire un ufficio negli Stati Uniti incaricato del commercio tra gli States e il Paese straniero;
- il richiedente del visto deve essere impiegato in tale ufficio in un ruolo esecutivo o di supervisione o comunque risultare una figura indispensabile per il funzionamento dell'azienda.

E2: è concesso a coloro che hanno investito una "sostanziosa somma di denaro" in una società americana, cioè quella da loro stessi fondata oppure "acquisita":
- il richiedente deve essere titolare della maggioranza del capitale sociale della società;
- non esiste un valore minimo di investimento o di dipendenti assunti, bensì l'investimento deve essere ragionevole rispetto al tipo di società che si va ad aprire;
- prevede il rinnovamento automatico del visto ogni 5 anni.
- può essere esteso al coniuge, che può lavorare nella stessa azienda o anche in altre, e ai figli minorenni.

EB-5: è concesso a coloro che investono negli Stati Uniti 1 milione di dollari (500,000 dollari se l'investimento viene fatto in una delle zone considerate depresse ovvero le Targeted Employment Areas) e creano o mantengono almeno 10 posti di lavoro. Questo tipo di visto permette di ottenere la "green card" e di diventare così vero e proprio cittadino americano.

Insomma...mettiamoci al lavoro e tiriamo fuori 'sto milioncino! ;)


domenica 17 novembre 2013

Come investire negli Stati Uniti e diventare ricchissimi

"L'Italia è presente nell'immaginario collettivo degli americani, a livello culturale, più di qualsiasi altra nazione. Esiste quindi una concreta e importante finestra di opportunità da sfruttare per le imprese italiane." Quanto ci piace questa frase, grazie per l'iniezione di speranza ed entusiasmo caro Professor Perretti del Dipartimento di Management e Tecnologia, Università Bocconi.


Vi dico subito qual è il segreto per diventare ricchissimi così non mi dite “eh vabbè mi fa leggere tutto l'articolo per dirmi sta cazz..a”. Il segreto per diventare ricchissimi è crederci, veramente. Ormai ho letto già diversi libri e testimonianze di uomini e donne che hanno raggiunto il successo e sono diventati ricchi, in settori e in epoche diverse, molte volte partendo da situazioni familiari ed economiche svantaggiate, e ciò che accomuna tutti quanti è proprio il fatto che hanno continuato a perseverare, a credere di potercela fare e non hanno mai mollato, nemmeno di fronte agli insuccessi.

Lo so che vi aspettavate chissà che ricetta, ma è “tutto qua”, nel senso che quello che salta fuori è che parte tutto dalla fiducia incondizionata nelle proprie capacità di farcela, fiducia che ognuno di noi può costruire ed allenare, tutto il resto certo, richiede impegno, studio e il solito pizzico di “fortuna”, ma è una conseguenza della convinzione di arrivare all'obiettivo. A fondo pagina, per approfondire, vi segnalo qualche libro interessante sull'argomento.

Ed eccoci a parlare di come esportare e investire negli Stati Uniti. A questo proposito ho letto un libro molto interessante e pratico che si intitola Esportare e Vendere negli Stati Uniti, scritto da Lucio Miranda e Muriel Nussbaumer più alcuni contributor, ed edito da Hoepli. E' un libro molto recente, stampato per la prima volta proprio nel 2013. I due autori sono anche i fondatori della ExportUSA New York, Corp., società di consulenza che aiuta le aziende italiane ad entrare nel mercato statunitense, cosa che dà un taglio molto pratico a questo libro, che sembra quasi un manuale di consigli e regole da tenere a mente per chi sta sognando di espandersi col proprio business nella mitica terra dei cow-boy. A parte gli scherzi, secondo le stime della US Energy Information Administration, gli Sati Uniti si stanno avviando verso l'indipendenza energetica di qui all'anno 2035. E secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia gli USA supereranno l'Arabia Saudita e la Russia per diventare il paese produttore di petrolio più importante del mondo entro il 2017! Questo grazie all'impiego di nuove tecniche di trivellazione e allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi dei depositi bituminosi, che non chiedetemi che roba sono ma mi sembravano informazioni degne di nota. Sempre l'AIE riporta che “Le implicazioni degli sviluppi energetici negli Stati Uniti sono profonde e il loro effetto si farà sentire ben al di là del Nord America e del solo settore energetico.” Anche gli autori del libro sono convinti che ci saranno dei cambiamenti epocali che riporteranno gli USA a livelli di sviluppo economico, strategico e politico formidabili. Quindi, ragazzi, quello che viene da pensare a me è gambe in spalla e si va in America!

Ovviamente, però, non si devono prendere le cose sottogamba (ricordiamoci di tirarle giù una volta finita la corsa...hehe). Per avere successo sul mercato statunitense (molto aperto alle nuove iniziative, ma anche molto esigente in termini di servizio al cliente) bisogna avere un progetto chiaro, prenderlo come un investimento ed essere disposti a dedicargli le risorse necessarie in termini di soldi e tempo.

Il need non esiste più, bisogna puntare sul want
Cosa vuol dire? Vuol dire che sul mercato statunitense (e non solo su quello) si trova già di tutto di più, non ci sono necessità materiali da soddisfare, la gente non ha veramente bisogno di una crema o di un l'olio di oliva in più sugli scaffali. Come investitori/esportatori dobbiamo quindi concentrarci sulla creazione del desiderio, da parte del cliente, di avere il particolare prodotto/servizio che noi gli offriamo, desiderio basato su motivazioni di ordine emozionale, sociale ecc.

Consigli utili in breve: strategie d'ingresso, forme societarie, mercati interessanti per l'Italia, organizzazione logistica

- Le fiere internazionali sono un valido mezzo per far conoscere se stessi e il proprio prodotto/servizio, a condizione che ci si vada già con un minimo di preparazione (nel caso della presentazione di prodotti alimentari, ad esempio, è fondamentale aver già provveduto alla loro registrazione alla Food and Drug Administration (l'agenzia governativa USA incaricata di emanare le norme che regolano la vendita dei prodotti alimentari negli Stati Uniti, sia americani che esteri, e di controllare che queste vengano rispettate) e alla loro messa a norma, pena la diffidenza del cliente americano e l'impossibilità di concludere accordi di vendita-acquisto appunto per mancanza di requisiti;

- Si può entrare nel mercato statunitense spedendo dall'Italia e appoggiandosi a importatori (le merci vengono acquistate dall'importatore, pagate, importate e poi rivendute dall'importatore stesso alla sua rete di clienti); distributori (la merce non viene acquistata dal distributore, bensì tenuta in conto vendita e solitamente viene chiesto un contributo per le spese di promozione); rappresentati (funzionano come in Italia, ma ovviamente devono essere in qualche modo supportati e controllati a livello logistico e commerciale). La forma più sicura e che garantisce il massimo controllo è tuttavia l'organizzazione propria su suolo americano, che si crea fondando una società di diritto statunitense (con conto corrente, indirizzo e num. di telefono americani) e stringendo eventualmente accordi con strutture americane esterne di vendita e logistica;

- Prima di immettere sul mercato un prodotto è bene fare un'analisi dei gusti del mercato, solo perché un prodotto è made in Italy non vuol dire che deve vendere per forza, e un'analisi di prodotto in modo da riuscire a formulare una strategia di posizionamento del prodotto sostenibile;

- Il tipo di società più adatto all'azienda italiana che si vuole espandere negli Stati Uniti tramite una propria organizzazione è quello della Corporation (la cui denominazione può essere indipendentemente “inc.” o “corp.”), che prevede l'esistenza di azionisti, amministratori, consiglio di amministrazione o amministratore unico. E' possibile aprire una Corporation con un solo socio e non è necessario avere soci americani tra gli azionisti o tra i ruoli direttivi.

- Per la particolarità del sistema legale americano, basato sul precedente (= ci sono dei Codici scritti, ma la fonte normativa decisiva diventa quanto deciso dal giudice in altri giudizi per casi simili), è fondamentale consultare sempre un avvocato prima di firmare qualsiasi tipo di accordo o contratto;

- Settori merceologici particolarmente interessanti sono quello della cosmetica, delle apparecchiature biomedicali e dei generi alimentari.


Quando sono arrivata al capitolo dedicato ai semplici passi per aprire una Corporation negli Stati Uniti sono quasi caduta dalla sedia dalle risate al seguente passaggio “Avviata così la corporation non rimane che focalizzarsi sulla gestione del lavoro. Normalmente non ci sono da fare depositi di atti, notifiche, certificazioni, richieste di permessi o autorizzazioni, pagamenti e/o apposizioni di bolli, vidimazioni, compilazione e depositi di bollettini di varia natura, atti, richieste, notifiche, richieste di autorizzazioni, e non bisogna aspettare ispezioni da parte di chiccessia.” Che ridere che facciamo noi italiani con tutte queste carte e bolli dappertutto! Secondo me anche gli autori non ce la facevano più dalle risate e si sono distratti mentre scrivevano perché hanno finito per ripetere atti, richieste, notifiche, richieste di autorizzazioni... ;P

Nel libro ovviamente trovate informazioni molto più dettagliate rispetto a quelle che vi posso dare io qui. Consiglio questo libro a chi è interessato ad aprire un'azienda oltreoceano, ma anche a chi è semplicemente curioso di saperne di più sugli States, per la sua chiarezza espositiva, la scorrevolezza e la piacevolezza dei contenuti, tutti molto interessanti e miranti al nocciolo della questione.

Se qualcuno di voi vuole importare vino chiamatemi, ho già in mente un'etichetta che spacca. ;D

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Libri da leggere:

- Esportare e Vendere negli Stati Uniti, Lucio Miranda e Muriel Nussbaumer
- I Segreti della Mente Milionaria, T. Harv Eker
- The Success Principles, Jack Canfield
- La Chiave di Svolta, Seth Godin
- Padre Ricco Padre PoveroRobert T. Kiyosaki
- Vivere alla Grande, Robin S. Sharma

venerdì 1 novembre 2013

Halloween, la festa che sta conquistando il mondo!


31 ottobre, Monfalcone, sei e mezza di sera. La via del centro brulica di bambini piccolissimi vestiti da streghette, diavoletti e mostriciattoli vari che sembrano farsi più paura da soli che altro. Entrano in un bar dopo l'altro e, tutto d'un fiato e a voce fievolissima, azzardano alla barista la fatidica domanda: "Dolcetto o scherzetto...?

La situazione era graziosa, ma la sensazione netta era che né i baristi né i bambini avessero alba del vero senso di questa festa, con gli uni che distribuivano caramelle senza proferir parola e gli altri che non prendevano nemmeno in considerazione la possibilità di ricevere uno "scherzetto!" come risposta, pena il panico totale. Dei bambini.

Questa bella festa sta comunque contagiando grandi e piccoli di molte parti del mondo: ancora in fase di test molte parti dell'Europa, soprattutto quella meridionale; avanti anni luce e ormai quasi "proprietari dell'idea" gli USA, che festeggiano Halloween dal '700-'800 grazie all'arrivo degli immigrati scozzesi e irlandesi. Vale quindi la pena di conoscere questa occasione di rievocazione e travestimento un po' più a fondo, giusto per avere un po' di what am I doing awareness in più, che non fa mai male... ;)

La festa di Halloween affonda le sue radici nella civiltà celtica. L'antico popolo dei Celti, che abitava in Gran Bretagna, Irlanda e Francia, usava festeggiare l'inizio del Nuovo Anno il 1° novembre: giorno in cui iniziava, secondo loro, la "stagione delle tenebre e del freddo". 

Il nome Halloween rappresenta una variante scozzese del nome completo All-Hallows-Eve, cioè la notte prima di Ognissanti (1° novembre). In origine però la festa sembra si chiamasse Notte di Samhain (dall'irlandese) e significava Notte del Dio delle Tenebre.

Per i Celti, popolo di agricoltori e pastori, la ricorrenza assumeva una rilevanza particolare in quanto momento di radicale cambiamento: le greggi venivano richiamate dai pascoli estivi e le persone si ritiravano nelle case per trascorrere al riparo le lunghe e fredde notti invernali. Proliferavano storie e leggende. In particolare secondo i Celti, nel momento di passaggio tra il 31 ottobre e il 1° novembre, tutte le leggi dello spazio e del tempo venivano sospese, permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. La leggenda raccontava che, nella notte del 31 ottobre, tutte le persone morte l’anno precedente tornassero in cerca di nuovi corpi da possedere. Così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni trovassero i vivi. Si facevano sacrifici, scongiuri e offerte per allontanare le anime dei morti.

L'usanza moderna di travestirsi nel giorno di Halloween, nasce dalla tradizione che i Celti avevano, dopo il rito dei sacrifici nella notte del 31 ottobre, di festeggiare per 3 giorni mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per esorcizzare e spaventare gli spiriti. Vestiti con queste maschere grottesche ritornavano al villaggio illuminando il loro cammino con lanterne costituite da cipolle intagliate, che in America sono state poi sostituite dalle zucche, più pratiche da intagliare e disponibili in maggiore quantità.

Questa è la storia in breve della festa di Halloween, la quale ha avuto in realtà influenze e contributi veramente numerosi e da diverse parti del mondo (per approfondire vi lascio alcuni link a fondo pagina). 

E ora guardatevi la suggestiva Galleria fotografica del New York Times


Nonché le mie mitiche amiche americane Cara e Danielle. Splendide! :)



Fonti origini della festa di Halloween: Wikipedia, Tuttohalloween.it, HalloweenStory
Fonte foto copertina: Viewallpapers.com

martedì 29 ottobre 2013

What CAN YOU DO WITH....ZUCCHINI?

Sooo many things! The first thing that comes to my mind is...LOOVE (!) but, let's do as if we were real americans (=100% puritan ;P), and stay on the culinary side of life... Your aunt brought you a lot of zucchini from her garden, and you don't really know what to do with 'em? Impress all your friends with a great italian menu!

Pasta with creamy sauce made of zucchini, chick peas, curry and fried raw ham 
Zucchini boiled and then fried with cheese and raw ham
Zucchini and chick peas salad

Pasta with creamy sauce made of zucchini, chick peas, curry and fried raw ham 

Pasta with creamy sauce made of zucchini, chick peas, curry and fried raw ham 

Ingredients for 2 people:
- Pasta "shells" (200g), we call them "conchiglie"
- Zucchini (2)
- Cooked chick peas (half handful)
- Raw ham (4 strips)
- Fresh milk cream (70ml)
- Onion (1 small)
- Garlic (1 clove)
- Extra virgin olive oil
- Curry powder (1-2 tea spoons, as you wish)
- Salt
- Pepper

Put a pot of water for the pasta on medium-high heat. Cut the onion and the garlic into small pieces, put them in a pan and fry them together with a little extra virgin oil until the onion turns yellow (don't let it turn too dark 'cos it'd taste like sh..! It already happened to me, more than once...hehe). While the onion is frying cut also the raw ham and the zucchini in little pieces leaving half of one zucchini by side. First put the ham into the pan with the onion, let it fry a couple of minutes (until it looks crispy) and then add the zucchini and a couple of chick peas. Let it cook on medium heat for about 10 min.

Now put the half zucchini and the rest of the chick peas in a bowl and mix them together with a mixer until you get a cream. Add the cream to the pan. Finally add a pinch or two of salt, the curry powder and the fresh milk cream. Leave the sauce on medium-low heat for another 10 min. 

When the pasta water boils put the salt and the "conchiglie" into it.
When the pasta is ready (al dente, please!), trickle it and mix it with the sauce. At the end if you wish add a little bit of pepper. Ready, ENJOY!



Zucchini boiled and then fried with cheese and raw ham
This is super easy! Just put one ore more entire zucchini into boiling and salted water until they become soft. In a pan fry one slice of raw ham for each zucchini. When zucchini are ready take them out of the water, cut each zucchini in a half and put on each half one slice of cheese (swiss cheese or whatever kind you like) and one slice of fried raw ham. Now put the zucchini in the pan with a little olive oil and leave it on medium-high heat until the cheese melts. Ready to eat!
Zucchini boiled and then fried with cheese and raw ham

Zucchini and chick peas salad
Boil one or more zucchini in salted water until they get soft. When ready take them out of the water and cut them into wheels. Put them together with the cooked chick peas in a plate and season it with vinegar, extra virgin oil and salt. Reeeeeady and...so easy!
Zucchini and chick peas salad


mercoledì 16 ottobre 2013

Raggiungere un obiettivo: che bella sensazione!

In ricordo di uno dei giorni più belli e rilassanti (sì, rilassanti...ho anche avuto tempo per un power nap prima della discussione) della mia vita, la mia laurea in Relazioni Pubbliche all'Università di Udine. Portare finalmente a termine questo corso è stata una grande liberazione e fondamentale per avere l'energia giusta per pensare alla realizzazione dei miei sogni più intimi. Un grazie grande grande e dal cuore a tutti i miei amici e parenti che mi hanno fatta divertire così tanto e mi hanno dimostrato il loro affetto in un modo così bello e dolce l'8 aprile 2013...e anche tutti gli altri giorni!